Catarina e la porta della verità


Catarina e la porta della verità, romanzo di
Maria Giovanna Farina e Max Bonfanti. Collana: Le Relazioni

In copertina: acrilico su tela di Flavio Lappo, 50x70
logo della collana di Flavio Lappo

Scrivere è una ricerca ed una scoperta, la scrittura a quattro mani è un’esperienza rigenerante. Così è stata la creazione poi la stesura del romanzo “Catarina e la porta della verità”, ed. Rupe Mutevole, il primo di una collana che ho il piacere di dirigere; la collana si in titola “Le relazioni” e si propone di raccontare ogni relazione che noi esseri umani viviamo non solo con le persone ma anche con gli animali e gli oggetti. Tornando alla scrittura a quattro mani, è stata una scommessa condivisa col collega filosofo Max Bonfanti. Scrivere insieme è stato mettere in pratica il confronto tra i generi, che tanto mi sta a cuore, per dare alla storia narrata l’equilibrio e la completezza che maschio e femmina insieme possono donare. Questo ci siamo proposti e questo abbiamo realizzato, ma non senza fatica. Il vero confronto porta allo scontro che, se condotto con civile comprensione delle ragioni dell’altro, dà vita alla produzione di una scrittura che scalpita perché vuole venire al mondo senza rinunciare all'individualità ma allo stesso tempo fiera di essere frutto di una collaborazione vissuta senza risparmiarsi.

La storia in breve

Lei bussa alla porta di lui, così accade l’incontro tra i protagonisti principali della vicenda: Catarina e Athos, due esistenze appartenenti a mondi diversi e ad esperienze particolari che sapranno condurli verso qualcosa di nuovo... insieme cavalcheranno il mare della vita alla ricerca della verità. Athos, il commercialista, si saprà trasformare in un improvvisato detective; grazie alla sua anima generosa riuscirà con l’aiuto di altri personaggi della storia a risolvere i nodi esistenziali e le circostanze difficili che Catarina ha incontrato, ma al tempo stesso il “viaggio” sarà per entrambi una riscoperta emotiva del proprio sé e delle proprie radici. Nella vicenda, l’amore, nelle sue diverse espressioni, si mostra come un’irrinunciabile esperienza del prendersi cura reciproco. La storia nel suo svolgersi mette in evidenza le relazioni per scorgerne i lati positivi e negativi, per mostrare quanto la rete di relazioni in cui siamo immersi siano uno straordinario patrimonio nella vita di tutti noi. Un’occasione da prendere al volo, perché bussare ad una porta è un gesto di grande umiltà e allo stesso tempo di incredibile coraggio.

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Ascolta il tuo corpo


Disegno a matita di Flavio Lappo, 2012

Ippocrate di Cos, padre della medicina moderna, aveva compreso già nel V secolo a.C. l’importanza dell’influenza della mente sul corpo gettando le basi della moderna Psicosomatica. Facendo un salto e giungendo al XVII secolo incontriamo Renato Cartesio che a detta di molti avrebbe inferto un duro colpo d’arresto a questo progresso con la sua divisione dell’uomo in res cogitans et res extensa. Non credo che il fine di Cartesio fosse quello di creare una separazione tra mente e corpo,  ma se così fosse ricordo che il vero filosofo, amando la sapienza-conoscenza, non prende nessuna idea per buona, ma la analizza in modo razionale cercando di salvare ciò che è utile ed eliminando ciò che è dannoso per l’uomo. E’ sottinteso che per il filosofo le teorie sono suscettibili a cambiamenti. Possiamo quindi asserire che la mente è separata dal corpo quando c’è carenza di “ascolto del corpo”. Il corpo non mente, analizzando i suoi comportamenti possiamo capire meglio i nostri interlocutori. Il mio suggerimento è quello di abbandonarci di più al corpo. Ad esempio per risolvere certi disturbi di tensione muscolare dobbiamo staccarci temporaneamente dalla nostra parte razionale che spesso ne è la causa. Una postura inarcata delle spalle può significare che stiamo trasportando un peso interiore enorme: mentre cerchiamo di negarlo a livello razionale il corpo lo afferma. Proviamo allora a rilassare i nostri muscoli cercando di entrare in contatto col corpo attraverso la respirazione. Mettiamoci in posizione supina sdraiati su di un divano rigido, sulla sabbia se siamo al mare o su un prato se siamo in campagna, mettiamo sotto la schiena nel punto ove si inarca un cuscino in modo che la pancia sia più in alto rispetto al resto del corpo e portiamo le braccia all’indietro. Iniziamo a respirare con regolarità prima con il torace e dopo un po’ con la pancia. Riusciamo bene in entrambi i modi? Che cosa succede? Il nostro corpo sta iniziando a parlare e la mente può iniziare ad ascoltarlo. Questa posizione favorisce l’affiorare dell’istinto che troppo spesso tentiamo di negare e per essere efficace l'esercizio è da farsi in solitudine. Ascoltare il nostro corpo significa liberarsi in parte dai pesi che gravano sulla nostra anima.
Maria Giovanna Farina

Ascolta il tuo fiuto


Ri-cerca di sé, acrilico su tela di Flavio Lappo
L’olfatto è un importante mezzo di comunicazione che ci mette in contatto con il mondo. Ci sono aromi che ci attraggono positivamente come quello del pane appena sfornato o il profumo di certi fiori, per giungere all'essenza che ci spruzziamo prima di uscire di casa. Ci sono odori che ci mettono in allarme come quello di bruciato, questo richiamo olfattivo è in grado di attivare le paure più ataviche come quella del fuoco. Un odore possiede anche la capacità di renderci allegri o tristi a seconda dell’evento a cui lo associamo: se ci conduce con la mente nel passato può ad esempio ispirarci nostalgia. Ai fini specifici delle relazioni con gli altri, l’aspetto più interessante dell'olfatto come organo di senso è la sua capacità di captare i messaggi non verbali della comunicazione. Gli odori che appartengono ai nostri interlocutori sono un mezzo utile per conoscerli meglio. Chi ad esempio si spruzza molto profumo può voler comunicare il desiderio di prevaricare l’Altro, ma non solo. Può esprimere il desiderio di coprire il proprio odore, quindi un desiderio di occultarsi, di non mostrarsi così come è. Chi esagera col profumo lancia anche un richiamo sessuale, noi umani con la civilizzazione abbiamo perso gli odori che invece gli animali hanno mantenuto e di conseguenza il nostro odore personale è difficile da percepire. Il profumo in questo caso diventa un richiamo sessuale sostitutivo. Pensando al modo di parlare più comune, sappiamo tutti che per traslato si usa dire “avere fiuto” riferendosi ad una persona con una spiccata capacità, quasi fisica, di comprendere quando si trova di fronte ad una ottima occasione. Se ci capita un buon affare o un incontro importante ed evitiamo di ascoltare il nostro fiuto che ci farebbe fare la scelta giusta, commettiamo l’errore di sottovalutarlo a favore della supremazia della ragione. Questo non significa affatto mettere da parte la nostra capacità razionale per affidarci completamente alle sensazioni, ciò sarebbe un azzardo, ma ricorrere al naso come mediatore è un utile mezzo per difenderci dalle delusioni. In definitiva, quando qualcuno “a naso” non ci convince fermiamoci a riflettere perché è la nostra spiccata sensibilità olfattiva che si sta imponendo, stiamo percependo odori rivelatori delle caratteristiche del nostro interlocutore.
Maria Giovanna Farina







Profumare o puzzare, due facce della comunicazione



Acrilico su tela di Flavio Lappo, 2017
Durante la convivenza quotidiana (a casa come al lavoro) spesso ci troviamo a subire passivamente alcuni messaggi che gli altri ci trasmettono più o meno consapevolmente, pensiamo alla puzza che emana chi non si lava, ma anche all’eccessivo profumo o ai tatuaggi, ai piercing esibiti o celati anche sui genitali. Sono casi differenti, ma tutti possono considerarsi messaggi non verbali. Chi puzza, a volte senza rendersene conto, vuole allontanare gli altri o attirare la loro attenzione in modo negativo (vuole apparire come vittima), chi profuma tanto da invadere i locali in cui vive desidera farsi notare e imporre la sua presenza, oppure desidererebbe essere un leader. Al di là dei loro significati simbolici, questi messaggi invadono le nostre vite occupando spazi e condizionando le nostre scelte. Se l’eccessivo profumo del mio vicino di scrivania non fosse di mio gradimento, mi potrebbe provocare nausea o mal di testa e la mia vita al lavoro sarebbe penosa. Ed è qui che deve intervenire il dialogo a partire da quello costituito da gesti. Ogni volta che il “profumatissimo” è presente, possiamo spalancare la finestra: prima o poi lo capirà? Non è detto. La fase due potrebbe essere quella di comprargli un profumo leggero e meno invadente del suo, ma questa è complicata per via dei gusti personali. Non ci resta che dirglielo con molta gentilezza, mettendo in atto il mezzo più efficace che è il dialogo.
Maria Giovanna Farina